Ci sono cose che dovremmo sapere tutti, questioni che ci riguardano molto da vicino perchè trattano l’origine delle cose e da un’origine tutti deriviamo.

Dovremmo ricordarcene più spesso, perchè sono molteplici e numerose le situazioni che affrontiamo che hanno radici antiche e allora dovremmo tornare lì, per comprenderle e affrontarle.

Ai bambini io devo molto, e tra le tante cose che mi hanno fatto capire negli anni, prima tra tutte direi la connessione tra il nostro essere e il come siamo venuti al mondo, come siamo stati accompagnati nella preparazione alla vita e come siamo stati accolti in quello che è forse il viaggio più strabiliante del nostro esserci, il parto.

Il concepimento parla del ruolo che i nostri genitori ci danno, per loro e di conseguenza, se non rielaborato, finisce di esserlo anche per noi.
La gravidanza ci parla della presenza che abbiamo percepito, della vicinanza, dell’ascolto, del tempo dedicato e dello spazio che ci è stato fatto.
Il parto ci parla della protezione, dell’accoglienza, della vicinanza nel dolore, del coraggio nell’affrontare le difficoltà, del lasciarsi vivere dalla vita, con fiducia e speranza.

Capite bene che a seconda delle storie, i nostri bambini, e noi quando siamo stati piccoli, incorporiamo sensazioni ed impressioni, credenze radicate profondamente e necessità di narrazioni da far emergere.

Non c’è nulla nei comportamenti dei bambini e nelle loro manifestazioni che non sia perfettamente spiegabile alla luce della propria storia.

La vita agisce per la vita e ci sono cose che dovremmo sapere per accoglierla e assecondarne il suo movimento perfetto e sensato.

Cose come che il pianto andrebbe ascoltato, che non esiste storia bella o brutta del proprio esserci ma una storia meravigliosa, la propria.
Cose come che un bambino appena nato ha profondo bisogno di riconoscersi con i suoi genitori, in quell’incredibile danza della vita e degli ormoni che entrano in campo per accogliere, abbracciare e accudire, e che nessuno dovrebbe intromettersi o invadere, o dire senza che ve ne sia stata una richiesta.
Cose come che sin dalla gravidanza il bambino è con noi e che bisognerebbe già fargli spazio, dargli tempo dedicato, parlarci, fargli sentire il nostro esserci.
Che una mamma non è un’eroina se lavora fino a 3 ore prima di partorire, ma lo è forse di più se riesce a riconoscere che è in atto una nuova era, che è iniziata una nuova stagione.
Cose come che la vita non può essere giudicata, che 3 mesi di vita o 80 anni pesano entrambi una vita e che un bambino non nato, non è un bambino che non c’è stato.

Dovremo iniziarle a dire, una per volta ma alla fine tutte, e le dovremmo appendere nelle case e nelle piazze, nelle scuole e negli ospedali e scrivere dentro i giornali.

Intanto iniziamo col dirle e allora da qui partiremo per il primo capitolo di questo nuovo viaggio.

Le dirette sono gratuite e per partecipare vi basterà iscrivervi alla newsletter.

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