illustrazione: Aura Lewis

Non saprei dire bene quando tutto questo è iniziato, perchè un giorno 0 deve esserci per forza.
Lo avevo già assaporato quando lavoravo nella scuola statale ma oggi sembra aver preso forza come potere quello delle bidelle.
Hanno in mano la gestione degli spazi, delle uscite in giardino, in alcuni casi delle funzioni corporee dei bambini, dell’utilizzo delle ciabatte o delle scarpe, degli orari.
Hanno le chiavi del mobile delle cialde del caffè e delle palette per giocare con la terra.

Le bidelle hanno in mano la scuola ma hanno anche dei nemici.

Il primo grande nemico da combattere è la terra, i bambini la portano dentro continuamente, ad ogni uscita in giardino ritornano con diversi ettari a testa sotto le suole, una quantità tale da imporre una nuova ordinanza “Noi dobbiamo pulire qui!! Basta a far uscire questi bambini!! Ma la vedete quanta terra portano??”.

Il secondo nemico è la gestione dello spazio da parte delle maestre. Deve essere ampio, libero, dove poter passare rapidamente con una scopa e un paletta senza dover far lo slalom tra aree delle intelligenze multiple e tappeti da dover tirare su. Una palestra o una navata di una cattedrale sarebbero le loro aule ideali. Tutto libero, sgombro, lucido, vuoto, allora sì che si pulirebbe bene e in un attimo.

Il terzo e ultimo acerrimo nemico è il tempo, a pari merito con glitter, argilla e coriandoli.
Anche se la scuola chiude alle 4 già dopo pranzo alcune aree e spazi vengono blindati e sigillati con il nastro rosso e dei tiratori scelti che se provi ad entrare ti lanciano un mocio in testa al grido di “Dove vai?!? Ho pulito tutto!! Esci subito!”.

E le maestre?
Hanno paura, perchè quelle bidelle gli ricordano le mamme che le facevano stare ferme sulle sedie finchè il pavimento non si era asciugato, che le sgridavano se facevano gli scivoloni sulla cera, che le guardavano torvo quando alitavano sui vetri per disegnare pozzanghere e fango.
Hanno paura e smettono di far uscire i bambini, riducendo le loro possibilità.
Hanno paura e mettono tutti i mobili al muro, riducendo le proposte e la libera scelta in classe.
Hanno paura e iniziano a dire ai bambini “non tagliare la carta a pezzetti piccoli che sennò la bidella si arrabbia!”.
Hanno paura e restringono il campo delle possibilità perchè di là c’è la bidella che ci vede e lo sa che stiamo per usare i glitter.

Ma io non voglio distruggere le bidelle con quest’articolo, anche perchè ho grandiosi ricordi della loro categoria soprattutto alle superiori.
Bidelle e bidelli categoria da proteggere solo per tutte quelle volte che hanno coperto le nostre bugie, riso e scherzato con noi e ci hanno allungato un pezzo di pizza, in qualche caso una sigaretta, e a noi quella volta sembrava una cosa meravigliosa.

Piuttosto voglio dire due cose, una alle bidelle e una alle insegnanti.

Partiamo dalle prime, intanto lo so che vi chiamate collaboratrici scolastiche e non volevo mancarvi di rispetto ma cercavo un linguaggio accessibile anche a chi non bazzica più da un po’ la scuola ed è rimasto vintage nel vocabolario scolastico.
Dopo i dovuti ossequi, ve lo devo dire, ma prima immaginate che io mi stia presentando con una moka di caffè, un ciambellone non fatto da me (non farei mai a nessuno un torto del genere, neanche a chi meriterebbe 100 delle mie torte) e che sorridendo vi iniziassi a dire:
“Care collaboratrici,
voi siete il cuore pulsante della scuola. Ci permettete di dare ogni giorno uno spazio dignitoso ai bambini, prendendovi cura degli spazi vi prendete cura di ognuno di loro e di noi.
Ci coccolate, ci date sempre una mano e anche se a volte vi facciamo prendere un colpo voi ogni giorno siete di nuovo lì, ad aprire la scuola e vegliare sopra tutta la giornata.
Però, care collaboratrici, dobbiamo chiarircela questa cosa, non possiamo dare in mano a voi il progetto educativo. Potete venire a tutte le formazioni, a tutti i nostri incontri per capire perchè mettiamo in campo alcune pratiche ma lì vi dovreste fermare.
Scrivete un diario dello sgomento quando ci vedrete entrare con il fango, perchè lo faremo, scrivete canzoni metal quando ci vedrete creare un lombricaio in classe, perchè lo realizzeremo, attaccate borchie ai manici di scopa quando ci vedrete fare slime, pasta di sale, argilla e pongo artigianale in sezione, perchè lo faremo.
Vi vogliamo bene, la ma scuola è dei bambini e noi siamo lì per loro.
Vi accoglieremo, accompagneremo, spiegheremo, ma non possiamo permettere ai vostri bisogni personali di togliere diritti ai bambini.
Loro stanno imparando la tolleranza, il rispetto, il valore dei bisogni e dell’ascolto e a voi, care collaboratrici vi chiediamo di declinare il vostro mestiere nel verbo da cui deriva, vi chiediamo collaborazione.
Nessuna faida tra noi, croce sul cuore, ramazze intrecciate e cialde in alto.”

E adesso tocca alle altre protagoniste:
“Care maestre,
adesso basta però. Vi cerchiamo di difendere e sostenere, diciamo a tutti che lavorate in classi troppo piccole con troppi bambini, che non avete risorse a sufficienza, che l’organizzazione è lasciata tutta in mano a voi, che la scuola è quel che è e che voi fate già così miracoli.
Però basta dare la colpa alle bidelle. Guardate che uno lo può dire che non ha voglia di uscire perchè è meglio stare dentro con i 35 gradi di una scuola, lo potete dire che avete paura che la mamma di Giorgio si lamenti dell’uscita per i pericolosissimi, e notissimi a tutti noi, disagi che l’aria crea ai bambini o che non c’avete voglia perchè dovete finire i lavoretti.
Lo potete dire e vi daremo una mano, magari c’avete anche voi un disturbo specifico dell’insegnamento e noi vi si aiuta.
Ma smettetela di dire che la colpa è delle bidelle, che se hanno davvero tutto questo potere facciamo uno squadrone micidiale e mandiamo loro in Afghanistan a rimettere le cose a posto, oppure le usiamo come barriere contro gli uragani “Dove pensi di andare signorino?Eh?? Pensi di scoperchiare tutti quei tetti e poi io devo raccogliere i coppi?! Vattene subito via e non farti mai più vedere!”.
Accoglietele, spiegate loro quel che fate con i bambini, l’informazione e la condivisione sono due strumenti della collaborazione, e come possono collaborare le collaboratrici se voi non spiegate loro perchè dovrebbero farlo?
Per la sezione consigli non richiesti vi invito anche a fare un approfondimento circa il rapporto con vostra madre e cosa sono i transfert.
E se proprio non riuscite a convincerle, a farvi capire, a entrare in sinergia, prendetela voi una bella scopa e insieme ai bambini pulite l’aula e tutto il temibile fango che colonizza la vostra aula.
Siate il cambiamento che volete vedere nel mondo diceva qualcuno che di sicuro le bidelle le amava”.

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