illustrazione di Anna Godeassi

Mi ricordo bene di te.
Ricordo bene i tuoi occhi azzurri, i tuoi capelli biondi spettinati.
Ricordo la tua corporatura minuta, in peso e altezza.
Ricordo il tuo labbro leporino.
Ricordo le luci spezzate dalle case che scorrevano.
Ricordo come mi afferrasti.
Tu non sapevi dove stavo andando.
Quel treno notturno mi stava portando verso la mia morte, tu non sapevi esattamente cosa significava, ma l’hai percepito, ne sono certa.
L’hai colta nel mio sguardo.
Sono stata io a penetrarti con l’angoscia di chi sta andando al proprio funerale.
Ti sei sentito violato quando nell’erotismo è spuntata la falce.
Ti ho disarmato con la mia rassegnazione.
Lo sgomento che in me dominava mi ha salvata, non ho lottato, non ho urlato, non ho pianto, non ho tentato la fuga.
Te lo immaginavi diverso uno stupro, vero?
Già sognavi di strozzare le mie corde vocali, di fasciare la mia bocca con la tua sudicia mano, fremevi dall’idea di bloccarmi le braccia e godevi al sol pensiero di strapparmi quella canottiera minimale e quei pantaloncini troppo corti.
Invece hai trovato la morte.
E poi, quando ti ho detto che ero incinta, non so se il conato di vomito l’ho provato più forte io o tu.
Tutto avresti immaginato tranne di trovare una morta così piena di vita a intralciare il tuo cammino, il tuo sogno violento.
Sei stato tu a fuggire, a perdifiato verso la carrozza successiva.
Io mi sono chiusa in bagno, a osservare la mia immagine riflessa.
A contemplare il peso dei miei soli 19 anni, mentre viaggiavo per andare ad abortire, mentre andavo ad abortire per dimostrare il mio amore, mentre non sapevo che quell’amore mi avrebbe salvato.
Non avrai mai la mia rabbia labbro leporino.
Non avrai mai il mio disgusto, né il mio vittimismo.
Il terrore e la paura, li lascio tutti a te.
Io, mi prendo la vita.

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4 thoughts

  1. Ho imparato forse più da queste righe adesso, che nei vent’anni che mi separano dalla mia adolescenza. Non sto scherzando, non sto esagerando e non dico tanto per dire. Grazie.

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