Illustrazione: Valeria Colonnella
Prima che tutto ricominci, una cosina la vorrei dire.
La dico e scrivo da pedagogista, da mamma, da umana, da ex-bambina, da memoria che possiedo e intuizioni di cui mi nutro.
Una cosina sola perchè poi si sa come vanno queste cose. E’ come quando ci convinciamo di avere una malattia, mettiamo in atto tutte le misure per curarci, stare attenti e proteggerci e al primo sintomo che si interrompe ci guardiamo intorno per valutare se qualcuno se n’è accorto e riprendiamo da dove avevamo lasciato sperando che la biretta sia ancora fresca e le patatine ancora toste.
Una cosuccia perchè a me non girano le balle per la clausura, per la ritenzione esistenziale, per il confinamento domestico, perchè penso che questa sia stata una riabilitazione.
A me un po’ girano, per l’enorme strumentalizzazione che è stata fatta sui bambini.
Non è vero che nessuno ne parlava dei bambini, forse non ne parlava Conte, non ne parlavano alcuni ministri, non ne parlava Mattarella, ma gli altri ne parlavano eccome.
Siamo stati subissati da articoli, commenti, opinioni che andavano nella direzione del “avete rovinato i bambini e ve la pagheranno cara!!”, oppure del “se i bambini stanno male è tutta colpa vostra”, ma anche “mio figlio sta impazzendo per quello che avete creato, vergognatevi!”.
Ecco, lo voglio lasciare agli atti, con profondo dispiacere per una grandiosa occasione persa per tanti di noi adulti, genitori in primis, giornalisti in seguito e pensatori assonnati per ultimi, voglio che venga protocollato il mio pensiero a riguardo.
Se qualcosa è stato insegnato ai bambini, ad una parte di loro per fortuna ma la maggioranza temo, è che il luogo che dovrebbe per loro essere più sicuro si è rivelato essere il più pericoloso in cui vivere. Quello in cui adulti impazienti e irrequieti scatenavano su di loro paura, impotenza, cecità emotiva.
La propria casa e la propria famiglia possono non essere un nido caldo e protetto e quella che sarebbe dovuta essere una villeggiatura, per alcuni si è trasformata in un sequestro di persona, perchè è proprio così, per molti l’infanzia è un vero e proprio sequestro e di questo dovremmo parlarne.
Dovremmo dircelo che le persone che dovrebbero proteggerti potrebbero essere le stesse in grado di minacciare il tuo benessere psico-fisico.
Quando i bambini andavano a scuola la colpa era degli insegnanti.
Quando uscivano era perchè frequentavano brutte compagnie.
Quando andavano dai nonni era per l’educazione arcaica.
E ora? Chi vogliamo incolpare ora?
Ma davvero vogliamo credere nella storiella che i bambini stanno male solo perchè non vanno a scuola, non possono vedere gli amici e non possono stare fuori ore e ore?
Ma davvero non ci rendiamo conto di quanto la nostra presenza impatti nella loro vite?
Un bambino che cresce si nutre dell’ambiente circostante, quella sarà l’acqua che rimpolperà la sua linfa, l’inchiostro che scriverà il suo copione, il distributore di mattoni per costruzioni esistenziali.
Da lì tutto arriva e lì tutto torna, esattamente come abbiamo visto accadere.
Se avete assistito a crisi dei vostri figli, se li avete visti strepitare e urlare, se li avete sentiti urlare “voglio i miei amici e la mia scuola”, se di fronte a tutto questo non avete colto la vostra parte di responsabilità, mi dispiace molto davvero, ve lo dico di cuore, perchè questo denota grande inconsapevolezza e l’inconsapevolezza merita rispetto.
I bambini hanno semplicemente fatto una semplicissima azione in questo periodo, quella della riabilitazione. Hanno portato a galla i nodi, hanno esposto i loro disagi, si sono ripresi i bisogni e diritti schiacciati, hanno protestato con coraggio e necessità di fronte ai loro dittatori.
I bambini hanno urlato il loro sdegno di fronte a vite in cui i genitori erano diventati coinquilini e non protettori e tutor. Hanno preso tutto ciò che potevano perchè una cosa gliela abbiamo insegnata bene, che appena possiamo ce ne sbarazziamo, e allora hanno imparato a fare il pieno e hanno tentato di placare fami ataviche di attenzioni, affetto, amore, sguardi, lentezza.
E noi non possiamo nascondere tutto questo dietro il mondo che li ha privati dei pari, non mi sembra che ci fosse la stessa preoccupazione quando era la frenesia quotidiana a sottrarli ai genitori. Non mi pare di aver letto proteste tanto accorate di fronte ad asili nido in cui i bambini entrano a 3 mesi e trascorrono fino a 10 ore al giorno con donne che non sono le loro madri. Così come non ho letto molti che denunciavano le ludoteche e spazi educativi che lanciavano pacchetti “aperitivi free” per il fine settimana, ossia tu vai a bere e a tuo figlio ci pensiamo noi, che poi tanto non si accorge nessuno che è solo 5 giorni che questa povera creatura ti aspetta, ora più ora meno cosa vuoi che cambi.
Vittime della distrazione, ci siamo completamente distratti anche da noi stessi.
Abili mentitori abbiamo riempito di bugie i nostri quartier generali.
E invece dovremmo dirglielo.
Dovremmo raccontarlo ai bambini quello che è successo quando tutto sarà finito.
Dovremmo dirglielo che non era colpa loro, non era colpa dello stato, non era colpa del virus, della Cina o dei runner.
Prima ancora delle mascherine, dei complotti e dell’antichità c’era molto altro.
C’aravamo noi, adulti, grandi, grossi e impauriti.
Dovremmo raccontargli che non avevamo strumenti, che non li conoscevamo, che ci siamo trovati dentro casa bambini che avevamo visto mille volte in fotografia e di cui avevamo parlato a chiunque ma che non sapevamo bene chi fossero e cosa stessero chiedendo.
Dovremmo farcela una domanda e farla poi a loro, “cosa non abbiamo capito?”, “cosa mi stavi chiedendo che non riuscivo a comprendere?”.
Dovremmo smetterla di fare battute di fronte a loro sul nostro desiderio che le scuole riaprano e che non ne possiamo più.
Dovremmo abilitare la percezione di cosa si provoca nel mondo emotivo circostante quando feriamo, ridicolizziamo, spaventiamo, giudichiamo.
Dovremmo ammetterlo che a tutto questo non eravamo pronti.
No, non parlo della quarantena.
Parlo dell’esser genitori, parlo del custodire la vita, parlo dell’assumersi la responsabilità delle nostre azioni, parlo del riconoscere che ogni cosa che ci dà fastidio degli altri parla molto più di noi stessi che dell’altro, parlo dell’affrontare le nostre storie personali, miracolosa chiave per la guarigione e il benessere.
Se la consapevolezza fosse contagiosa come il coronavirus, in due soli mesi saremmo tutti salvi, ogni conflitto cesserebbe e allora sì, che ciascuno di noi diverrebbe uno strumento di pace.
Il mondo si cambia un individuo per volta, ed esattamente come i recenti eventi ci hanno mostrato, il contagio può essere molto più rapido di quanto possiamo credere.
Basta iniziare da noi, e il mondo che tocchiamo si infetterà (positivamente) del nostro cambiamento e questo, sarà inarrestabile.
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Finalmente qualcuno che dice davvero come stanno le cose. È vero, un bambino si nutre di ciò che lo circonda e questo periodo lo ha messo in luce tantissimo.
E sicuramente è un ottima occasione per mettersi in discussione e rivedere tanti nostri atteggiamenti e scelte.
Ciao Emily, sembrerebbe nel tuo discorso che tocchi diversi punti delicati e critici in tutto il tuo discorso.. Come la responsabilità educativa, pilastro su cui puoi edificare bene e sano solo grazie alla consapevolezza individuale, come persona, e a quella genitoriale. Poi c è anche la coresponsabilità educativa la quale ha un suo perché se solo conoscessimo veramente le sue grandi possibilità, senza mai dimenticare che il senso non è delegare o colpevolizzare, ma essere in prima linea artefice e attore dell educazione che si svolge verso i propri figli. La famiglia deve ESSERCI nel modo più autentico possibile per i bambini perché è Grazie a loro se possiamo effettivamente vivere questa meravigliosa, unica, spirituale esperienza. È Grazie anche ai bambini che l adulto può crescere e trasformarsi e amarsi di più.. In fondo credo che la società odierna abbia fatto da motore a tutto questo ma c è sempre una via di uscita se la consapevolezza e la volontà di pensiero sono ben attivate! Buona continuazione..
Finalmente qualcuno capace di andare oltre. Grazie
Grazie, grazie come sempre. Confesso che è stato sempre il mio quesito: ma in tutto questo ciarlare i genitori dove sono?
Ho il fegato grosso anche io, sai Emily?
All’urlo – aprite le scuole che io devo andare a lavorare!!!- sentivo un cazzotto nello stomaco.
Ogni volta che qualcuno diceva – no no, i bimbi devono socializzare, a casa non stanno bene!- io mi chiedevo fra me e me – ma di che tipo di socializzazione parliamo? A quale esposizione potete lasciarli, a quale compromesso a quale omertà siete disposti,per salvaguardare il vostro io?-
Io finalmente ho compreso che il mio io comprende una crescita reciproca che richiede responsabilità e coraggio e solo in loro io sono riuscita a colmare le mie lacune.
Vedo, sento, tocco con mano il tuo pensiero e questo è meraviglioso anche perché sono riuscita a salvarmi, proprio come dici tu.
Grazie di ancora
Mary
Grazie.
Bellissime parole che scrivono nero su bianco molti miei pensieri.
Questa esperienza è stata traumatica per chi l’ha percepita così. Ma se i genitori la vivono in modo equilibrato, la vivono cosi anche i bambini.
I bambini assorbono come spugne le nostre emozioni.
Sono stati mesi difficili per tutti, ma i bambini hanno tante risorse.
E per tanti genitori è stata l’occasione per stare coi loro figli ed assumersi in toto la responsabilità della loro educazione.
Grazie.
Un utile spunto, a tratti realistico e mi è piaciuto. A tratti penso che i genitori si siano trovati completamente privati di un momento per non-fare. La società di adesso (purtroppo, ahinoi!) è molto diversa da quella di una volta, e venendo meno l’aiuto della rete di persone intorno alla famiglia d’oggi (nonni, zii, sorelle/fratelli, vicini di casa) anche solo nell’aiuto per fare la spesa durante la quarantena, e avendo scelto la vita di città per una serie di motivazioni, in molte situazioni un genitore si è trovato completamente solo ad affrontare una situazione folle.
Questo quarantena ci ha messo in ginocchio anche per tutte le motivazioni ripetute nell’articolo, è vero, ma anche perché un solo genitore in molti casi si è trovato subissato di lavoro tra Smart working incompatibile con i figli a casa, lezioni online, figli in età prescolare da intrattenere, spesa, pasti e casa da mandare avanti… completamente da soli.
Non avendo le basi di pedagogia per poter affrontare i propri figli e vivendo un momento emotivamente difficile, con tutto il carico di lavoro a pesare ulteriormente certamente alcuni genitori non sono stati un rifugio sereno e sicuro in molte famiglie. Però io mi son trovata per diverse settimane nella situazione di dover portare avanti tutto da sola, ed è un carico immenso.
I bambini sono stati strumentalizzati è vero, ma La scuola serve, o quantomeno serve una persona al di fuori del genitore che sappia insegnare perché non lo può fare un genitore e non in questo contesto , non solo come riempitivo, non si dica che la didattica a distanza sia uno strumento utile ne tantomeno accettabile, perché di questo passo cresceranno dei bambini zombie e analfabeti.
Essere genitore è bellissimo, ed è un viaggio che accresce ti aiuta a scoprire molto sulla tua infanzia e molto su quello che vuoi lasciare ma anche un genitore a volte, ha bisogno di non-fare per un attimo.
Non sono molto d’accordo su qualche punto. Per prima cosa molti genitori hanno comunque continuato a lavorare e quindi non sono riusciti a stare vicino ai propri figli lo stesso, ritrovandosi disperati non sapendo dove lasciarli e seconda cosa la scuola è la scuola. La Dad è un vero disastro e molto bambini sono regrediti, non sono stimolati per niente a casa, spesso le mamme ricorrono a ricatti per farli concentrare anche se sappiamo che è sbagliato, perché questi compiti hanno delle date di consegna, e le mamme non sono delle martedì quindi non hanno gli stessi metodi e i bambini vanno in confusione ancora di più, per non parlare del problemi per fare una videolezione! sono tantissimi! La connessione non va, il bambino si dimentica il microfono acceso, ecc…! Io credo che il problema della vita frenetica di cui parli, sia dovuto al fatto che ora in famiglia si deve lavorare in due! le spese sono tante e non si riesce ad arrivare a fine mese con un solo stipendio altrimenti ci sarebbero tante mamme più serene e meno stressate e di conseguenza figli più seguiti in tutto. Non diamo colpa alle madri ma al sistema del nostro frenetico e inutile mondo dove ci sono 5 bar in un paese e 3 prima o poi chiuderanno facendo alzare le tasse a tutti per recuperare i debiti degli altri. Cordiali saluti da una mamma
Ti leggo sempre con piacere e ammirazione, custodisco con amore il tuo libro che trovo davvero illuminante. Analisi interessante e vera la tua ma ancora una volta cerca la colpa. Andiamo oltre….la paura è diversa per ognuno, così come la solitudine muove cose diverse per ogni persona e ogni famiglia…..qui a Bergamo ci sono famiglie che hanno perso cari e non li hanno ancora seppelliti, famiglie rimaste senza lavoro oggi e altre che sanno accadrà a breve. Anche io ho molto imparato da questo periodo ma mi rendo conto di avere una situazione privilegiata: sono pedagogista e insegnante yoga e ho continuato a farlo da casa, ho una casa nel verde e un compagno che lavora, non è morto nessuno dei miei famigliari…..non cerco colpevoli fuori ma non mi sento nemmeno di giudicare chi non poteva fare altrimenti o chi non è riuscito a trovare risorse per vedere l’altro lato di questo periodo…. in quanto alle responsabilità educative…beh io credo molto nella scuola pubblica da sempre, una scuola per tutti e tutte, dove le mie figlie si confrontano con le contraddizioni, le diversità e le fatiche….beh in questo periodo mi è dispiaciuto che non la frequentassero….e soprattutto che non potesse dare loro quello che loro cercano: confronto, socialità e nuovi modi di conoscersi oltre le mura della propria casa….tuttto questo per dire che ognuno è stato solo davanti a questa cosa grande e ha fatto il possibile, non ho voglia di giudicare o spiegare come si sarebbe potuto fare.
Ciao Annachiara, ti ringrazio per il tuo punto di vista anche se ammetto con dispiacere che credo che il mio messaggio non sia arrivato.
Non si tratta di cercare colpevoli e chi cerca di buttarmi dentro questo dibattito lo invito a lasciarmene fuori.
Io parlo di responsabilità e il concetto chiave è la verità.
Nell’articolo non faccio l’apologia del genitore perfetto, me ne guardo bene, perchè so che sarebbe un dispendio di energie inutile ed ipocrita. Io parlo di responsabilità e di onestà intellettuale ed emotiva.
Certo che ci sono famiglie che hanno avuto difficoltà, senza creare la top ten delle tragedie, credo che tutti abbiano dovuto fare i conti con l’incertezza e questa, indipendentemente dai fattori oggettivi, ha ricadute su chiunque e la gravità la stabilisce l’individuo sulla base della propria storia (per qualcuno potrebbe essere più grave l’incertezza economica piuttosto che un lutto).
Ho scelto e riscelgo quotidianamente di fare la pedagogista, di leggere il mondo attraverso lo sguardo dei bambini schierandomi dalla loro parte e mai difenderò il diritto dei genitori di abusare del loro potere anagrafico sui bambini, perchè so, e anche tu sai visto che sei pedagogista, che ricadute questo ha sulla formazione della propria identità, sulle relazioni con il mondo e di conseguenze sulla società.
Non posso giustificare i genitori, e questo non significa condannarli, ma solo invitarli a prendere in carico la dolorosa e faticosa responsabilità che avere un figlio comporta.
Quello che con l’articolo intendevo, cosa per fortuna molti hanno colto, è: “le cose sono possono essere andate male, ci sta, ma non dire che è colpa del mondo, non perdere quest’occasione per rivedere la tua strumentazione genitoriale. Hai urlato ai tuoi figli, bhè spiegagli che in quel momento ti sentivi impotente e sprovvisto di strumenti, non fuggire di fronte al timore di non essere stato il genitore che avresti voluto.”
Esattamente come un medico per codice deontologico in questo momento non ti può dire: togli la mascherina e bacia e abbraccia chi vuoi, io, da pedagogista, per visione etica della mia professione, non posso dire che la complessità sociale ha giustificato azioni sconsiderate sui bambini.
E questa non è un’accusa, ma una lucida lettura che non mette un punto, ma che da qui parte e cerca di fornire strumenti, e io, dalla mia, con dirette, articoli, libri, consulenze, corsi, ce la metto tutta per aiutare le famiglie senza giudizio.
Dire che abbiamo un problema, non è giudicare, ma cercare di creare quella consapevolezza necessaria per muovere l’azione e modificare il presente tracciando nuove traiettorie future.
Lascio una riflessione a chiunque leggendo l’articolo abbia deciso di interpretarlo come un giudizio tagliente verso le famiglie: che tipo di rapporto hai con i tuoi genitori? Sei mai riuscito a raccontargli la tua infanzia dal tuo punto di vista? Hai paura di ferirli? Hai paura di farli soffrire?
“[…] Parlo dell’esser genitori, parlo del custodire la vita, parlo dell’assumersi la responsabilità delle nostre azioni, parlo del riconoscere che ogni cosa che ci dà fastidio degli altri parla molto più di noi stessi che dell’altro, parlo dell’affrontare le nostre storie personali, miracolosa chiave per la guarigione e il benessere. […] “
Non condivido quello che scrivi perché i miei figli sono addirittura migliorati durante il lockdown in quanto si sono resi conto da soli della mancanza e quindi del valore di tante belle esperienze della loro breve vita ( anche solo abbracciare i nonni o giocare sull’erba o tirare un calcio al pallone!)ma non per questo non avevano bisogno, dopo 2 mesi (!), della riapertura delle scuole! Significa anche che chi scrive pensa che sia educativo fare lezione alla primaria attraverso un pc e lasciare la madre a svolgere il ruolo anche di maestra oltre che di lavoratrice in Smart working mentre la soluzione dei paesi nordici va in direzione esattamente contraria!anche solo 15 gg di lezioni sui prati avrebbe avuto un enorme significato per loro che sono già grandicelli. Sui bimbi più piccoli 0-3 anni posso anche essere d’accordo e tra l’altro saranno quelli che non avranno ripercussioni psicologiche perché non ricorderanno, a meno che non abbiano vissuto maltrattamenti in famiglia,ovviamente.Mentre la premier norvegese ha fatto un discorso rivolto ai bambini e altri paesi nord europei hanno agito consentendo agli stessi di incontrarsi e giocare tra loro in spazi aperti ( vedi la Danimarca), il nostro governo non ha fatto assolutamente nulla per i bambini, (non abbastanza come ha detto la ministra Bonetti), e il fatto che lei li difenda da pedagogista mi fa riflettere su quale tipo di cultura sia quella italiana, assolutamente adultocentrica.
Saluti
Cristiana
Ti leggo sempre con il cuore in mano Emily, come se fosse la parte di me più intima ad ascoltare le tue parole. Noi, ti dirò, siamo stati bene. E gli incontri che ci sono stati dopo la quarantena sono stati incontri “normali”, come se non ci si fosse mai davvero lasciati. E forse questa è una delle cose che mi ha colpito di piu: le relazioni umane sincere viaggiano oltre il tempo e lo spazio.
Sicuramente ci sono molti spunti di riflessione in questo articolo, eppure ci ritrovo poca della realtà che ho visto e vissuto in questo periodo. Io ho due bambine di 8 e 10 anni che insieme a noi hanno “subito” questa quarantena e mi sono confrotata con la situazione di molte altre famiglie. Certo mi sarebbe piaciuto avere più tempo per elaborare questo periodo con le mie bimbe, per poter vivere quel tempo sospeso di cui molti parlano, ho invidiato chi non lavorava e poteva seguire i figli in tutte le attività e con la DAD, mi sono quasi risentita per alcuni di questi che si lamentavano di non avere il tempo per gestire i figli, ma mi son subito sentita in colpa, perchè molte di quelle famiglie avevano ben altri problemi da affrontare e di sicuro anche se potevano seguire i figli nello studio avevano altre incertezze ben più gravi nel loro futuro. Ho vissuto questo periodo cercando i lati positivi, amplificando i nostri privilegi, cercando di trasmettere alle mie figlie tutte le cose belle che avevamo: stare insieme, lavorare da casa invece che in luoghi rischiosi, avere una casa non piccola con degli spazi esterni fruibili anche durante il blocco, non avere nella cerchia delle nostre strette conoscenze persone ammalate, avere tutti gli strumenti tecnologici per continuare a studiare e tenersi in contatto con compagni e maestre, poter continuare le attività sportive grazie alla passione delle loro insegnanti che si sono inventate di tutto. Certo le mie figlie mi hanno rinfacciato tante cose: non aver tempo per star con loro anche se mi vedevano a casa, non poter stare con i loro coetanei e con i loro nonni. La loro vita era costruita da continue relazioni a scuola, in palestra, con gli amici… relazini che questo virus ha tagliato di netto senza dargli neanche il tempo di prepararsi. Non so che strascichi lascerà tutto questo. Ho letto molti blog e articoli in cui ci si lamentava del fatto che i bambini non venissero citati nei vari decreti fino alle ultime fasi, ma non li ho mai letti come una voglia di “sbarazzarsi” dei figli, ma piuttosto come la necessità di capire cosa poter fare con loro e per loro per fargli superare al meglio questo periodo, vi ho letto una disperata richiesta di aiuto da parte di quelle famiglie che non avevano scelta e dovevano tornare al lavoro fuori casa e avevano dei figli piccoli da gestire. Certo non dubito che ci saranno genitori spaesati e infastiditi dalla presenza di figli a cui non erano “abituati”… ma sinceramente non ne ho conosciuti, nè li ho percepiti dai molteplici articoli editoriali e commenti su stampa e social. I genitori in questa situazione inimmaginabile hanno un estremo bisogno di un supporto per aiutare i figli sotto tutti i punti di vista: emitivo, educativo, evolutivo… Aiuto che prima era dato dalla rete sociale che era stata pazientemente e faticosamente tessuta attorno a noi, mentre ora ci sentiamo soli. I genitori, io per prima, son pieni di dubbi e di paure per noi e per i nostri figli a cui cerchiamo di dare ogni possibilità, e ci struggiamo quando non ci riusciamo.