illustrazione: Gigi Meburishvili https://www.instagram.com/Loophicz/

Universo. Via Lattea. Sistema solare. Pianeta Terra. Emisfero Settentrionale. Continente Europa. Italia. Marche. Provincia di Ancona. Osimo. Centro storico. Casa dei miei sogni. Torretta.

III millennio. XXI secolo. 2020. Marzo. Domenica. 14:49.

Quando racconteremo ai posteri quello che è accaduto dovremo essere onesti e dire tutto, non solo la versione sanitaria, non dovremo limitarci a quella economica e politica.

Ognuno di noi dovrà fare la sua parte e raccontare la sua porzione di storia.

Io racconterò la mia, la lascerò scritta per i giovani che verranno e studieranno quello che è accaduto prima di loro e anche se saranno passati due secoli sarà come se fosse l’altroieri.

La scriverò sul web, sulla carta, la metterò nelle bottiglie e dentro i tronchi cavi degli alberi.

La mia porzione di storia, sarà pressapoco così:

Avevo 32 anni, due figli incantevoli, un marito che amavo e un lavoro che adoravo, la casa dei miei sogni e tutti i gatti che volevo.

Avevo tutto eppure mancava qualcosa, è stato quando ci hanno messo in quarantena che ho capito cosa mancava.

Quando hanno chiuso le nostre porte e svuotato le vie, le agende e i parchi.

E’ stato mentre c’erano dibattiti sui social, mentre osservavo sbalordita i miei vicini al balcone che non avevo mai conosciuto nè incontrato, mentre gli sguardi diventavano tutto durante gli incontri frugali per strada, tra persone protette da mascherine.

E’ stato mentre guardavo il mio vicino e la sua televisione accesa ogni giorno, tutto il giorno. Vedevo solo la sua testa e i programmi televisivi, e li sentivo bene i suoni della sua casa perchè non c’era più nulla a dividere le nostre vite e le finestre erano aperte, perchè in quel periodo la primavera era esplosa a sottolineare il momento.

No, non era sfiga, era ridondanza, la vita cercava di passarci chiaro il concetto e se non poter uscire sembrava semplice fino a quel momento, con il mare a due passi, le campagne invitanti e i corpi offerti ai raggi di un sole che non potevamo raggiungere non lo era più.

Io, in quel momento prezioso, che vivevo come un dono e un privilegio ho capito cosa mancava.

Due lettere.

Mancavano due vocali, essenziali, mancavo io. A me stessa mancavo e nessun altro.

Quanto mi sono mancata e quanto avevo dimenticato.

Ritrovarmi è stata una benedizione.

Ero dentro il bicchiere mentre bevevo e non mi vedevo.

Ero dietro di me mentre camminavo per andare sempre da qualche parte e non mi sentivo.

Ero dentro ogni messaggio che scrivevo, dentro ogni parola che pronunciavo eppure non mi trovavo.

Ho cercato tutti, tutto, quando non c’era nulla da cercare.

Ero la musica che cercavo in un negozio di dischi.

Ero la chiave che avevo stretta in un pugno mentre guardavo l’altro palmo vuoto di fronte ad un cancello chiuso.

Ero la farina e l’acqua mentre andavo a comprare gli ingredienti per fare il pane.

Ero l’amore mentre lo cercavo.

Sono andata ovunque e non capivo che bastava stare qui per avere tutto, per sentire tutto, per raccogliere la più preziosa delle storie, quella salvifica che cura, guarisce, protegge. La mia.

Mi sono ritrovata in un pronome possessivo, in un cassetto dimenticato e in una bustina di semi.

Mi sono stretta forte e allora ho capito il senso di tutto questo.

La vita protegge sempre la vita e non fa mai nulla per ostacolarne il fluire.

La vita non ci stava mettendo in pericolo, tutt’altro, cercava di riabilitarci a se stessa, ci stava curando, non facendo ammalare. Ci stava parlando mentre noi cantavamo alle finestre, mentre suonavamo la fisarmonica da un terrazzo che si risvegliava dall’inverno. Ci consigliava saggiamente, di rientrare, non nelle nostre case, ma in noi stessi.

Cari bambini e ragazzi, in quel momento ho impiegato poche ore a ribilanciare le mie priorità, quando la vita è in ballo la tua, si riallinea in un secondo.

Ho fatto una buca in giardino che non mi vedeva più da mesi, e ci ho messo dentro le migliaia di ore trascorse a lavorare, saranno humus per l’orto che urgentemente ho iniziato a creare, io e i miei 32 anni, i due figli incantevoli, il marito che amavo e tutti i gatti che volevano stare con noi.

Ho scritto lettere per chiudere cerchi, per svuotare la soffitta del mio cuore che pesava un po’ troppo.

Ho impastato, mio dio se ho impastato. Ho impastato le vocali I e O, i baci dei pettirossi, le lacrime degli sbadigli, le uova dei miei sogni e la bellezza che mi invade.

Ho seminato tutti i semi che avevamo per casa, quelli dei mandarini, della zucca, della mela, le cipolle con i germogli in testa, gli anni futuri e i discorsi mai fatti.

Ho buttato via la katana che tenevo in mano per difendermi, non me ne ero ancora resa conto di trattenerla, non saprei neanche dire dove l’ho trovata.

Ho ritrovato muscoli e tendini alle cui telefonate non rispondevo più.

Ho potato alberi, piante officinali, impegni inutili e pretese impretendibili.

Ho contato le mie vertebre, le mie costole, ho riempito i miei polmoni fino a farli esplodere, ho misurato l’altezza delle mie dita e delle gambe con un righello delle elementari.

Ho chiesto perdono, scusa, pazienza e comprensione a IO, alla me che devo sempre finire di conoscere, che mi aspetta sempre, che ha sempre una crostata calda da offrirmi e un cuscino su cui riposare, alla me che vorrei sempre essere e che non riuscendo mai ad esserla mi spinge a non smettere di provarci.

Alla me che contiene particelle di infinito, respiri di dinosauri e starnuti di re e diavoli, lacrime di santi e pastori.

Alla me che quando si ritrova si rende conto che è un noi, sempre.

Alle me che è un noi, e che quando si ritrova se lo ricorda che ovunque si trova è sempre a casa.

Non posso sbagliarmi, la via la conosco.

Torretta. Casa dei miei sogni. Centro Storico. Osimo. Provincia di Ancona. Marche. Italia. Continente Europa. Emisfero Settentrionale. Pianeta Terra. Sistema Solare. Via Lattea. Universo.

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