Illustrazione: John Holcroft

Alcuni meccanismi prendono piede in noi durante l’infanzia e si annidano così bene da renderci completamente ignari della loro presenza.

Alcuni poi, sono così diffusi da rendere la loro evidenza parecchio ardua.

Ma il vero problema nasce quando li iniziamo a chiamare con il nome sbagliato.

L’esempio per eccellenza è rappresentato da chi parla di senso di responsabilità, lo mostra come uno stendardo di immacolata condotta etica e morale, mentre invece dietro al cartonato si cela un enorme mostro a due teste e 1000 occhi chiamato senso di colpa.

Il senso di colpa ci spinge a sentirci continuamente sotto giudizio, a scegliere, fare o dire certe cose solo per la reazione che queste susciteranno negli altri e non per motivi personali (quelli li usavamo solo come scusa per fare le giustificazioni false a scuola).

Questo porta alla conduzione di vite sempre più distanti da ciò che si desidera, porta alla lacerazione dell’individuo e della sua identità, scissa tra ciò che vorrebbe fare e ciò che gli altri vorrebbero lui facesse, tanto più il senso di colpa è radicato, tanto più la seconda parte avrà la meglio.

Senso di colpa per qualsiasi cosa che diventa paura:

  • paura di dire quello che si pensa (senso di colpa verso gli altri che potrebbero rimanerci male);
  • paura di dire dei no (senso di colpa verso le aspettative degli altri);
  • paura di lavorare troppo (senso di colpa verso i figli) che si traduce spesso in un’eccessiva attenzione nel tempo in cui si è presenti;
  • paura di essere stato un pessimo genitore (di nuovo senso di colpa verso i figli) che si traduce in un inconscio tentativo estremo di non farli mai crescere per cercare di rimediare agli errori fatti;
  • paura di compiere scelte coraggiose e azzardate per inseguire un sogno (senso di colpa verso i nostri genitori che ci hanno “amabilmente” condotto verso la “retta via”)

Potremmo continuare all’infinito con la lista, ma fermiamoci qui.

Ognuno ha ben chiaro come il senso di colpa si declina nel proprio vissuto, ognuno sa benissimo quale adulto o genitore glielo ha passato.

Ma la cosa più importante che vorrei mettere in luce in questo articolo è come evitare di passare questo meccanismo ai bambini, come le pinne durante una maratona.

Il senso di colpa, sia chiaro, è un meccanismo acquisito e non evolutivo. Quello naturale è un sano senso di responsabilità. Osservate ad esempio una gatta e la sua cucciolata, il suo senso di responsabilità la porta a prendersi cura dei gattini finchè ne hanno bisogno, poi un sano senso di accettazione dei cambiamenti che la vita impone, le permette di lasciarli andare. Qualcuno ha mai visto una gatta avere sensi di colpa? No, perchè per fortuna non è soggetta all’educazione umana e all’imposizione di intimi condizionamenti morali.

Il senso di colpa il bambino lo acquisisce lentamente crescendo, ogni qual volta le sue azioni che vengono reputate sbagliate, vengono sottolineate eccessivamente, messe in relazione con lo stato d’animo degli adulti che ha a fianco, ogni qual volta su di lui ci sono aspettative eccessive.

Frasi come: “se non mi dai bacio sono triste”, oppure “mi hai deluso molto”, “mi mandi fuori di testa”, “che figlio mi è capitato”, gettano il bambino nello sconforto ed in uno stato interiore di assedio. Il bambino che dipende dall’amore dei genitore, vive queste frasi come pugnalate e farà di tutto per rimediare al dolore suscitato nell’adulto, tipo sacrificare la propria identità.

I bambini hanno costantemente paura di essere abbandonati, non nel bosco come Hansel e Gretel, ma affettivamente. E’ una paura che accomuna tutti i liberi cittadini dell’infanzia, non è un caso che sia uno degli elementi chiave delle fiabe.

Ricordate la frase “Attento a quello che fai che Gesù ti guarda” ? Il principio è esattamente lo stesso, il bambino incorpora l’occhio gigante dei propri genitori dentro di sè, un costante sguardo giudicante dal quale il bambino pende e al quale non vorrebbe mai veder uscire una lacrima. Cresce con un panopticon gigante interiore, la torre di guardia è il genitore incorporato e nelle celle c’è ognuno dei tentativi delle sue libere iniziative.

Per fortuna ci si riesce a liberare di quest’occhio, a patto di riattraversare con accettazione e verità il dolore che ci inflisse durante gli anni della nostra infanzia.

Chi non riuscirà a liberarsene, oltre a tramandarlo alle generazioni future, lo chiamerà senso di responsabilità verso gli altri, un modo come un altro insomma per nascondersi dietro un dito e autoboicottare la propria rivoluzione interiore.

Tornando ai bambini la questione è molto semplice, in questo caso non ci sono tecniche particolari da usare, perchè non c’è qualcosa da sostituire, ma proprio da eliminare.

Quando sentite che state per lanciare senso di colpa verso i vostri figli, fermatevi e domandatevi da dove vi arriva questa cosa, quale risultato immediato vorreste raggiungere, come vi sentivate voi da piccoli quando subivate lo stesso trattamento.

Chiedetevi cosa quel senso di colpa cerca di colmare, osservate vostro figlio e cercate di capire se è entrato nel meccanismo del “devo rendere felici i miei genitori”.

Non servono terapie e terapeuti, per guarire da questa patologia, basta una buona dose di onestà, coraggio nel scegliere una nuova via e desiderio di voler lasciare andare il dolore.

E se proprio non riuscite a migliorare, ricordatevi che Gesù vi guarda e soffre, fatelo almeno per lui…

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