Con il nuovo inizio della scuola, ad iniziare nuovamente sono anche le dinamiche tra bambini, tra momenti di idillio ed altri di tensione non sempre i genitori sono in grado di dare il giusto supporto ai loro figli.

Una delle dinamiche frequenti, è quella di genitori che non riconoscendo più nel bambino  il pargoletto quieto e affabile che conoscevano  prima dell’ingresso a scuola, additano un compagno di classe come responsabile del nuovo comportamento.

Solitamente la frase inizia con: “non vorrei giudicare nessuno, per carità sono tutti bambini”, e dopo tripli salti carpiati di giustificazioni riguardo quello che si sta per dire, solitamente la conclusione è un completo addossamento della responsabilità del comportamento del proprio figlio sull’altro.

A testimonianza di quanto esposto, spesso i genitori come prove schiaccianti delle loro indagini, portano esempi di giochi di ruolo in cui il proprio figlio dice esplicitamente di giocare a fare il compagno di classe, urlando, sbattendo e facendo tutto ciò che non è solito fare.

Vorrei far chiarezza, per aiutare i genitori in difficoltà, le insegnanti che si trovano con questa gatta da pelare e i bambini che si trovano al centro di processi inutili.

E’ vero, ogni anno in ogni classe qualche bambino (a turno aggiungerei) è più “vistoso” di altri, cercando e spesso trovando modalità per esser visto ed ascoltato. Sottolineo visto ed ascoltato.

Il comportamento di questi bambini può entrare in risonanza con altri.

Se osservate, in una classe, non tutti i bambini vengono attivati dal comportamento del bimbo di cui sopra, ma solo alcuni, e questa è la prova della difesa per dimostrare come non sia unicamente una questione di imitazione che i bambini mettono in atto, se così fosse coinvolgerebbe tutti quanti.

Piuttosto la questione è che quel bambino attiva esclusivamente i bambini che hanno una simile tendenza, però latente, nascosta od oppressa.

Ossia, attiva bambini che vorrebbero fare simili azioni, o hanno lo stesso bisogno di esser visti e considerati ma non possono permetterselo. Solitamente perché il bambino immaginato che hanno immagazzinato non può concederselo, pena l’accettazione genitoriale.

Quindi, per i bambini “in latenza”, il fatto che arrivino bambini “attivanti” è, a mio avviso, una grande possibilità.

La possibilità di poter esser loro stessi senza mettere a repentaglio l’immagine che i genitori si sono costruiti, se io fingo di essere tizio e salto sul divano, il me caio è salvo, perché avevo esplicitato che stavo fingendo di essere un altro e quindi non mi sento in colpa e fino in fondo responsabile di quello che sto facendo, anzi, intono un inno interiore a tizio che legittima la mia parte ribelle.

Il principio è molto semplice, ma la parte ardua è quella, come adulti, di evitare alcuni comportamenti e metterne in atto altri virtuosi.

Nello specifico:

– evitare di giudicare negativamente il bambino “attivante”;

– evitare di dire frasi tipo: “non ti riconosco, non so più chi sei, da quando c’è tizio non sei più lo stesso”;

– evitare di fomentare gli altri genitori contro il bambino “attivante”;

– dire al proprio figlio che non serve che finga di esser tizio, che anche lui (caio) può a volte essere ribelle, che l’amore che si prova per lui non è messo a repentaglio dalle azioni che compie. Passargli chiaro il messaggio che l’amore non è legato alla prestazione, che lui non è il biglietto da visita di nessuno e che è libero dai giudizi genitoriali;

– se ad esempio il bambino “attivante” tira i giochi ed anche vostro figlio inizia a farlo non dite mai “stai facendo come tizio!”.

Riconoscete ai bambini il diritto ad esser ribelli, fuori dalle righe di tanto in tanto.

Riconoscete che ogni loro azione parla di emozioni, vissuti, storie personali.

Aiutate i bambini a comprendere che nessuno è sbagliato, semmai i comportamenti possono essere più o meno adeguati alle situazioni e alle circostanze.

Riconoscete il vostro bisogno di avere un figlio perfetto e il bisogno del bambino di sentirsi se stesso.

Ricordate che i bambini non danno lo stesso peso agli eventi, che perdonano rapidamente e sono portati per la tolleranza.

Ma soprattutto ricordate che la libertà non è la possibilità di saltare nelle pozzanghere a piedi nudi o mangiare con i piedi  per aria, la libertà, quella vera, consiste nell’essere sollevati dal gravoso carico di reggere le aspettative di chi abbiamo accanto.

Lasciate che i bambini vivano, sperimentino, sbaglino e lo rifacciano per tutte le volte che servono ad imparare.

Non generate in loro dinamiche di giudizio, e dito puntato verso chi è in difficoltà.

Ricordate che anche questo è bullismo.

Ricordate che anche voi siete stati bambini.

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