A scuola si entra a 3 anni solitamente, o anche a 3 mesi.

Da che si entra a quando si esce il sistema cerca di preparare i bambini e le bambine alla gestione delle difficoltà future.

L’asilo nido prepara alla scuola dell’infanzia, la scuola dell’infanzia alla scuola primaria, la scuola primaria alle medie, le medie alle superiori, le superiori all’università, l’università al mondo lavorativo, il mondo lavorativo…bhè il mondo lavorativo è fine a sé stesso.

Lavoro, guadagno, acquisto della macchina, della casa, figli e via di nuovo, pronti a reinserirli nel circolo.

Il sistema serve a difendere il sistema, a proteggere lo stato delle cose.

“Vai a scuola studia da pagina 20 a pagina 25, esegui le operazioni in colonna, sottolinea, ricopia in bella, zitto, alza la mano, oggi interroghiamo partendo dalla fine del registro, studia mi raccomando sennò non trovi lavoro!!”

Ti diranno che l’università è importantissima, che senza una laurea sarai meno degli altri.

Ti consiglieranno cosa studiare.

“Sei portato per architettura! Economia e commercio che vanno sempre bene! No, giurisprudenza che tuo nonno sai quanto ci teneva che diventassi avvocato! Studia farmacia che poi entri a lavorare con tuo padre!”

Da quando entri a scuola qualcuno ti dice sempre cosa fare, quando farlo e se lo hai fatto bene.

Quando sei piccolo ci provi a ribellarti, a piangere, a chiedere a tua madre di non mandarti a scuola, a chiedere a tuo padre di salvarti. Ci provi, poi ti adegui alla situazione.

L’adattamento ha permesso l’evoluzione della specie, non significa che le condizioni fossero le migliore per evolvere…

E così il bambino piega sé stesso, accetta il compromesso. Per amore, per salvezza.

Si adatta, esegue e dimentica lentamente se stesso.

Si diploma, si laurea, trova un lavoro, una casa, mette su famiglia.

E poi prima o poi crolla perché in tutti quegli anni qualcuno si era dimenticato di prepararlo alla più grande delle sfide che lo avrebbe atteso, la vita.

Si trova solo, asciutto, disperato e vuoto.

Senza strumenti e vie di fuga.

Solo contro sé stesso che è fatto di un’intimità tutta da scoprire, uno sconfinato mondo interiore da esplorare, con fiere e pericoli.

Solo può decidere di rimandare il momento di affrontarli, che coincide con la guarigione, ossia la riappropriazione di sé stessi, il superamento delle paure.

Può decidere di rifiutare responsabilità, puntare il dito contro tutti, essere intollerante e giudicante come lo sono stati con lui.

Esser preparati alla vita significa acquisire la capacità di darle valore, di onorarla, di attribuire il giusto peso agli eventi, di cogliere le forze che ci guidano e conoscere sé stessi e la propria volontà, saperla esercitare e possedere un vocabolario emotivo ed umano per comunicare.

Chi vi avrà preparato a gestire uno stupro subito?

Chi vi avrà preparato a gestire un aborto?

Chi vi avrà preparato a gestire un figlio malato?

Chi vi avrà preparato a gestire la perdita, la morte?

Chi vi avrà preparato al terremoto che rade al suolo tutto?

Che farete quando vi accorgerete che il vostro matrimonio è finito, forse mai nato e i vostri figli ancora piccoli da accudire?

Che farete quando vi chiameranno mamma e voi vorreste fuggire lontano da voi stessi, così lontano da dimenticare di esser mai esistiti?

Che farete quando la vostra falsa vita perfetta verrà scossa dal suicidio di un figlio?

Che farete allora? Con chi ve la prenderete?

Con la società? Il governo? I clandestini? Con la mediocrità? Con il destino?

I bambini devono essere preparati alla vita, ma prima bisogna aiutare gli adulti.

I bambini lo sanno già come si vive e disperatamente cercano di mostrarcelo.

Raccontategli delle vostre paure, di chi volevate essere quando avevate 8 anni, diteglielo che vi dispiace esservi di smarriti. Non nascondetevi dietro fondotinta, tatuaggi e vapori alcolici.

Diteglielo che avete paura e che ancora non sapete chi siete.

Diteglielo, col cuore in mano, in gola o che esplode.

Mille brividi vi scuoteranno, sono il segno delle grate che si spaccano, dell’inizio della liberazione.

Non passate giorno senza ricordarvi la vostra perfetta morale e visione della vita che avevate da bambini.

Ricordate una regola fondamentale: non potete chiedere nulla ai bambini che voi non siete in grado di fare. Non saranno le vostre parole a lasciare il segno, ma la vostra condotta.

Così a scuola come a casa.

Abbiamo bisogno di scuole che lavorino per la vita, non per il sistema economico produttivo.

Dove domande tipo “come stai?”, “cosa ti affligge?”, “come posso aiutarti a realizzare i tuoi sogni?” prendano il sopravvento sulle affermazioni riguardo programmi, voti e registri.

Abbiamo bisogno di scuole dove le insegnanti siano messe nelle condizioni di poter ascoltare i bambini, con numeri sostenibili, sostegni psicologici e mediatori relazionali.

Abbiamo bisogno di tanta speranza e coraggio, che le cose posson cambiare solo se ciascuno di noi inizia da dove si trova.

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3 thoughts

  1. Emily che meraviglia leggerti, riesci sempre a smuovermi qualcosa dentro; molto di quello che leggo mi rassicura, è quello che da mamma sento e voglio per mio figlio, ma molto altro parla direttamente a me, come persona. Mi rendo conto di aver scisso (senza rendermene conto fin quando le parole non sono scivolate sul monitor) la mamma dalla persona, come se fossere due cose distinte, o forse come se uno fosse un ruolo e non la mia vera me…ci dovrò ragionare. Grazie per ogni spunto

  2. Interessante… ma a me sembra che scuola, università e lavoro siano già la vita, inglobate nella stessa e non cose a sé stanti.

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