Nel linguaggio educativo comune, si è imposta con ormai una certa tenacia la parola capriccio.
Non fare i capricci, sei un bambino capriccioso, mio figlio non fa altro che fare capricci, ecc…
Solitamente con queste affermazioni ci si riferisce a manifestazioni più o meno intense del bambino di fronte a dei no, a degli eventi che non procedono come il bambino se li era immaginati o, a volte, senza motivo apparente.
Questo è ciò che si pensa, che si dice e che accettiamo.
Ma se tutto ciò non fosse vero?
Se i capricci fossero un’invenzione degli adulti per risolvere rapidamente il senso d’impotenza e sgomento di fronte a bisogni che il bambino manifesta e che non siamo in grado di comprendere?
L’esperienza accumulata negli anni mi ha permesso di raccogliere numerose testimonianze e storie che mi hanno portata a credere che i capricci non esistono assolutamente!
Io li definirei piuttosto delle comunicazioni, dei messaggi di sdegno, sgomento, rabbia e frustrazione dovuti all’incapacità degli adulti di comprendere bisogni e necessità dei bambini.
I bambini sono molto tolleranti, accoglienti e ragionevoli, ma come tutti esigono rispetto e lo manifestano apertamente, lottando per vederlo riconosciuto.
Dall’analisi dei racconti raccolti, le ragioni scatenanti sono solitamente due: la creazione di un precedente che non si sa più come gestire, l’incomprensione di un bisogno specifico evolutivo che si sta manifestando.
Esempio:
“Giorgio ogni volta che andiamo al supermercato inizia a fare un capriccio buttandosi a terra perché vuole che gli compro un ovetto”.
Questo è un esempio del precedente che ti perseguita!
Occhio a creare situazioni eccezionali che non vorremmo si ripresentassero in seguito.
Dare il cellulare in mano ad un bambino perché vogliamo che stia buono, mettergli un ciuccio in bocca perché piange, accendergli la televisione perché così abbiamo del tempo per noi, ecc… rappresentano tutti esempi di precedenti difficili da gestire in seguito.
Non cadete nella trappola della soluzione rapida perché potrebbe tornarvi indietro come un boomerang. Il primo meccanismo di adattamento e sopravvivenza porta il bambino alla costruzione del mondo sulla base degli eventi che si verificano.
Creando un precedente il bambino pensa che ciò che ha vissuto possa ripetersi e diventare un modello stabile. Fino a 3 anni circa è molto complesso per il bambino comprendere il senso delle eccezioni, degli eventi straordinari, perché ha un intimo bisogno di costanza e ripetizione. Per muovere i primi passi nel mondo è importante che questo sia stabile e che tutto ciò che avviene possa riaccadere con certezza.
In questo caso non è quindi un capriccio quello del bambino che richiede qualcosa che è già stato dato, ma la manifestazione chiara di una fragilità genitoriale che un tempo ha ceduto.
Ovvio, può accadere, chiunque vive momenti di stanchezza e voglia di fuggire ai Caraibi lasciando i bambini in affido al papà, ma stringete i denti, almeno per i primi 3 anni. Ricordate che le parole chiave sono: coerenza e pazienza, coerenza e pazienza, coerenza e pazienza, ohm….
Il secondo caso è quello dell’incapacità di comprendere un bisogno evolutivo.
Nel primo triennio il bambino ha bisogno, come già detto, di eventi che si ripetano per dare stabilità e sicurezza, per cui il bambino non fa capricci se vuole bere sempre nello stesso bicchiere, mettere i vestiti sempre nello stesso ordine, mangiare lo stesso numero di biscotti, ecc.. Non diventerà un ragioniere puntiglioso, un geometra saccente, un fastidioso adulto meticoloso. In realtà sarebbe bello che mantenesse l’ordine e il rigore dei primi anni, ma devo darvi una brutta notizia, potrebbe non accadere.
Ma di sicuro accadrà che, se voi non accoglierete il suo bisogno di ripetizione, protesterà con forza.
Questo non significa che dovrete inchinarvi ai suoi piedi, e diventare servili.
Comprendere il bambino, accettare le sue necessità non evita che a volte possa vivere momenti di frustrazione. La differenza tra un’educazione rispettosa e una superficiale è che la prima mira a sostenere il bambino nella fragilità, la seconda o cerca di evitargli sempre le emozioni scomode oppure ce lo lascia affondare senza sostegno.
Per cui tornando agli esempi, è ovvio che potrebbe accadere che qualche imprevisto sposti le routine o il colore dei bicchieri, comprendere quanto detto sopra vi aiuterà a cogliere la profondità dello scossone provato dal bambino e a trovare le migliori modalità per aiutarlo.
Già solo manifestare verbalmente e apertamente la comprensione del bisogno vissuto in quel momento dal bambino può essere una soluzione risolutiva. Il primo passo è sempre l’accoglienza, quando ci si sente visti, ascoltati, accolti è molto più semplice esser ragionevoli, non trovate che sia lo stesso per noi adulti?
Provate a guardare i vostri figlio col tentativo di comprensione profonda, abbattete la barriera che ci separa da loro edificata da parole come capriccio, cercate di leggere la situazione, cosa vi sta chiedendo? Quale comunicazione non sta andando a buon fine? Cosa lo scuote così profondamente? Non può esser così emotivamente devastato per un bicchiere, per una cioccolata, deve per forza esserci una ragione più profonda, più complessa, con un po’ di buonsenso chiunque lo capirebbe,
Lasciate per un momento l’adulto autoritario interiorizzato e utilizzate il linguaggio dell’amore e del rispetto.
Se nessuno l’ha mai fatto con voi da bambini potrebbe esser dura, ma non cadete nella stessa trappola. Chiudete i libri, non cercate su google “terribili due”, “come gestire i capricci”, ecc.. la natura vi ha creato perfettamente pronti per gestire tutto ciò!
Ogni bambino che nasce mette al mondo la possibilità di costruire una società migliore per i bambini che verranno in seguito e lo fa mettendo a disposizione dei propri genitori costanti esercizi e momenti di riflessione e miglioramento.
Non sciupate queste occasioni, sarebbe un vero peccato…
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Condivido questa riflessione che pone il bambino come un essere umano a tutti gli effetti, con le stesse esigenze di rispetto di un adulto. Spesso percepisco che vengono considerati come “quasi individui” per il fatto che a loro manca quella parte cognitiva – che si svilupperà più tardi – che consente di comunicare come un adulto. In effetti i bambini sono una grande opportunità per cambiare il nostro schema comunicativo, per sentire piuttosto che per capire. Grazie
Grazie Patrizia per il tuo commento. Hai perfettamente ragione, purtroppo i bambini vengono sottovalutati troppo spesso, permangono ancora retaggi di una rappresentazione sociale difficile da smantellare che vede nel bambino un uomo incompleto, trascurando così i momenti più decisivi della costruzione della sua identità
Tutto bello quello scritto sopra, e condivido in generale il ragionamento. MA… Quando la mia bimba mi chiede una lecca lecca appena prima del pranzo, ed io rispettosamente le ho rifiutato con la motivazione che tra poco pranzeremo, ma lei continua come una mantra “voglio una lecca lecca” 50 volte in un minuto… Ho affermato che capisco la sua frustrazione del non ricevere la lecca lecca, Provo di catturare il suo interesse verso qualcos’altro, tipo il cartone che stava guardando in TV (sì lo so che non le giova il suo sviluppo celebrale, ma siccome non siamo Amish abbiamo un TV in casa e a volte guardiamo un film insieme), oppure a che cosa sta facendo papà. Ho proposto di aiutare mamma a preparare il tavolo per il pranzo. Con pazienza e tanto amore le ho spiageto una ventina di volte perché non le voglio dare una lecca lecca ora (anche perché non ne abbiamo proprio in casa). Ma lei continua. Mi dispiace ma perdo la pazienza. Litighiamo. Lei ormai piange disperatamente siccome non le davo da mangiare da una settimana. Purtroppo, tramite i nonni “il precedente” è già stato creato, non ci posso fare nulla. Daltronde, prima o poi sarebbe successo, dato che non puoi entrare in un’attività commerciale in questo paese che non venda le lecca lecca. Come mi consigliate di evitare tutto ciò?? Veramente vorrei capire. Grazie.
Gentile Sara, mi piacerebbe molto poter rispondere al suo quesito, ma il fatto è che non esistono ricette facili, non conosco bene la vostra storia, le relazioni che avete creato, l’età della bambina, le routine familiari, come avvengono gli scambi comunicativi, ecc.. Una volta un uomo splendido, un grande educatore e pedagogista scrisse “non so e non posso sapere, in che modo genitori sconosciuti, in condizioni che ignoro, possono allevare un bambino che non conosco”. Le mie riflessioni mirano a stimolare domande. Sono certa che una volta formulate le giuste domande le soluzioni arriveranno da sé. Ad esempio: che sensazione interiore ti genera il pianto di tua figlia? Hai mai riflettuto sui tuoi primi due anni? Sai come i tuoi genitori consolavano il tuo di pianto? Generalmente tendete a distrarre la bambina? State lavorando alla costruzione di un lessico emotivo familiare?
Ti consiglierei la lettura del libro “Le parole sono finestre” di Marshall Rosenberg, il padre della comunicazione non violenta, è un buon punto di partenza per migliorare la gestione dei conflitti partendo dal linguaggio.
Ti auguro di trovare presto la giusta via e rimango a disposizione per qualsiasi altro dubbio, domanda o chiarimento. Se sei della zona ti inviterei a partecipare ai gruppi di genitori con i quali affrontiamo e ci confrontiamo riguardo queste tematiche.
Cara Emily
grazie mille per questo blog e questi articoli così interessanti!
In particolare grazie per queste spiegazioni sui bisogni evolutivi e sul bisogno di ripetizione.
Non capisco però come bisogna porsi di fronte a questa forte necessità dal momento che non lo posso vestire tutti i giorni con la stessa maglietta che preferisce né posso dargli da mangiare tutti i giorni la stessa cosa solo perché questo lo rassicura.
Potresti aiutarmi a capire meglio?